giovedì 31 maggio 2007

Il meglio della Champions

La finale di Atene ha regalato al Milan la sua settima Coppa dei Campioni: un successo meritato, quello della squadra di Ancelotti, anche se conquistato con una partita non al livello delle prestazioni precedenti (su tutte, lo splendido ritorno contro il Manchester a San Siro).



Con l'epilogo della Champions League si chiude una stagione ricca di conferme (la doppietta del Siviglia in Coppa UEFA, i trionfi in campionato di Inter, Lione e Manchester United) e avara di sorprese (gli exploit europei di Espanyol e Osasuna, la crescita dell'AZ e il colpaccio in Bundesliga dello Stoccarda). Nello stilare un bilancio di questi nove mesi di calcio europeo, un "giochino" interessante può essere quello di stilare una formazione ideale del massimo torneo per club. Ecco quindi, la Top 11 della Champions: il criterio di valutazione non è assoluto, ma tiene conto del rendimento dei giocatori nell'ambito della competizione.



Reina (Liverpool)
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Decisivo in semifinale contro il Chelsea, ad Atene non ha potuto emulare le gesta del suo predecessore Dudek. Punto di forza della difesa meno battuta tra le otto squadre qualificate ai quarti di finale, il numero uno del Liverpool si candida per un posto da titolare nella nazionale spagnola. Un'altra scommessa vinta da Rafa Benitez.



Sagnol (Bayern)
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Nel panorama non certo scintillante degli esterni destri di difesa, l'esperto numero 2 del Bayern ha disputato una stagione di altissimo livello, condita da tre assist e da una continuità di rendimento difficilmente riscontrabile in altri interpreti del ruolo. Peccato per lui che l'annata dei bavaresi sia stata tutt'altro che da ricordare.

Alex (PSV)
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Il centrale brasiliano del PSV è stato una delle sorprese della stagione, ma solo per chi non segue con attenzione il calcio olandese. Fisico, personalità e tempismo negli inserimenti sono le caratteristiche migliori dell'ex difensore del Santos, conteso da tutte le principali squadre europee.

Maldini (Milan)
Maldini
Alla soglia dei 40 anni il capitano del Milan si è fatto il regalo più bello: la settima Coppa alzata da protagonista, dopo aver guidato con autorità i compagni all'appuntamento decisivo di Atene. Dopo il boccone amaro di Istanbul, una rivincita dolce come il miele.

Riise (Liverpool)
Riise
Difficile individuare al momento un terzino sinistro più devastante del norvegese del Liverpool, sontuoso interprete di un ruolo diffcile sul piano tattico e atletico. Giunto a piena maturazione, ha affinato le sue doti difensive, mantenendo inalterate la capacità di spinta e il tiro al fulmicotone. Una forza della natura.



Cristiano Ronaldo (Manchester)
Ronaldo
Gli aggettivi per descrivere il talento del portoghese si sono ormai esauriti, dopo una stagione in cui l'ex gioiello dello Sporting ha stupito tutti per continuità e freddezza nei momenti decisivi. Incontenibile contro la Roma, il ragazzo di Madeira ha messo a segno 3 gol e distribuito 5 assist nel corso della competizione, fallendo di fatto solo il retour-match di semifinale.

Essien (Chelsea)
Essien
La potenza applicata al calcio, 181 centimetri di muscoli e aggressività. Il tutto accompagnato da una tecnica di prim'ordine e da una duttilità che ne fanno una pedina decisiva per le sorti del Chelsea. Nel secondo tempo di Valencia, con il gol decisivo segnato di pura rabbia e caparbietà, c'è tutta l'essenza di questo giocatore, uno degli acquisti più azzeccati della gestione Abramovich.

Seedorf (Milan)
Seedorf
Se Essien è la potenza, Seedorf è l'eleganza, l'intelligenza e l'esperienza. Poco più che trentenne, il centrocampista del Milan gioca ad alti livelli da una vita e poco importa se ad Atene si sia visto poco: se il Milan è arrivato al traguardo finale, il merito è anche e soprattutto delle sue straordinarie prove contro Bayern e Manchester United.

Kakà (Milan)

Kaka
Semplicemente, il miglior giocatore del torneo. Poco importa se questo gli verrà certificato dal Pallone d'Oro, il fantasista del Milan ha già raggiunto l'obiettivo più prestigioso: riportare sul tetto d'Europa i rossoneri, trascinandoli a suon di gol (ben 10, capocannoniere) e giocate d'alta scuola. Uno spettacolo.



Inzaghi (Milan)
Inzaghi
Decisivo nel preliminare, decisivo nei quarti, decisivo (eccome) in finale. Pippo ha marchiato con i suoi gol il trionfo del Milan, a dimostrazione che per essere bomber non serve necessariamente avere tecnica o fisico straordinari. Il Gerd Müller del 2000, o quasi.

Rooney (Manchester)
Rooney
Ha segnato meno di altri (4 gol), ma il suo peso specifico nell'attacco dei Red Devils non ha paragoni. Ultimo ad arrendersi contro il Milan, avrebbe meritato di giocarsi il "derby" con il Liverpool in finale. A 22 anni ancora da compiere, il futuro è dalla sua parte.



Panchina



Gomes (PSV)
Gomes
Ha tenuto a galla il PSV fino al tracollo con il Liverpool con parate e uscite decisive. La conferma del titolo olandese è il premio per un portiere spettacolare e continuo al tempo stesso, forse il miglior estremo difensore brasiliano al momento.



Finnan (Liverpool)
Finnan
L'esterno irlandese concede poco sul piano della spettacolarità, ma le sue sovrapposizioni (4 assist) sono fondamentali per il gioco di Benitez. Decisivo suo malgrado a Istanbul (uscì per infortunio sul 3-0 per il Milan), non ha potuto consumare la sua personale rivincita ad Atene. Resta comunque uno dei punti fermi dei Reds.

Mexes (Roma)
Mexes
Stagione da incorniciare per il biondo difensore francese della Roma. Scrollatosi di dosso l'etichetta di eterna promessa, ha preso per mano il reparto difensivo giallorosso con personalità e classe: al momento, uno dei cinque difensori centrali più forti del mondo.



Gerrard (Liverpool)
Gerrard
Capitano coraggioso, il buon Steven da Whiston ha trascinato ancora una volta i suoi all'appuntamento decisivo. Pur non raggiungendo il livelli delle due passate stagioni, il numero 8 si è mantenuto su standard elevatissimi, confermandosi leader di un gruppo capace di risultati ampiamente superiori alle aspettative.

Giggs (Manchester)
Giggs
Il talentuoso esterno del Manchester sta vivendo una seconda giovinezza: punto di congiunzione tra la squadra-sogno di fine anni '90 e quella attuale, ha condito la sua Champions di 7 assist e 2 gol, con autentiche chicche come la "furbata" di Lille. Un esempio per i giovani e una gioia per gli occhi degli spettatori.



Drogba (Chelsea)
Drogba
Nella tribolata stagione della squadra di Mourinho, l'ivoriano si è rivelato uno dei pochi elementi convincenti al 100%. Autore di 6 gol, compreso il pareggio contro il Valencia nei quarti a Stamford Bridge, ha mancato il bersaglio in semifinale, pur fornendo a Joe Cole l'assist dell'1-0 a Londra.

Villa (Valencia)
Villa
Fin quando il Valencia è stato in corsa, l'asturiano ne è stato leader e trascinatore, al pari del compagno di reparto Morientes (più prolifico di lui, 6 gol a 4) e al giovane Silva. Alla soglia dei 26 anni, ha tutto per affermarsi tra i bomber principali del continente, non solo per le doti realizzative.



sabato 19 maggio 2007

La rivincita di Mourinho

Wembley, minuto 115 della finale di FA Cup: Drogba scambia con Lampard al limite dell'area, il capitano dei Blues appoggia di prima all'ivoriano che trafigge chirurgicamente Van der Sar. La coppa è del Chelsea, la Drogba
vendetta di Mourinho è consumata.



Di fronte a una cornice di pubblico straordinaria (avvilente il confronto con i 20.000 spettatori scarsi di San Siro per la finale di Coppa Italia), il Chelsea ottiene un successo che in qualche modo "salva" la sua stagione: dopo la cocente eliminazione dalla Champions e il deludente secondo posto in Premier, la squadra di Abramovich si regala il trofeo più antico del mondo, superando ai supplementari gli eterni rivali del Manchester United.



Nel corso dei 120 minuti di Wembley i Red Devils avrebbero forse meritato qualcosa in più, ma le parate di un Cech formato Mundial e il guizzo di Drogba hanno fatto la differenza. La stagione del Manchester resta comunque straordinaria, per i risultati raggiunti e per gli sprazzi di bel gioco offerti dai Ferguson Boys, per 7-8 mesi la squadra più spettacolare d'Europa.



Nel frattempo, in Germania, lo Stoccarda ha messo la parola fine alla Bundesliga. La squadra di Armin Veh, privaStoccarda
di grandi stelle e imbottita di giovani, ha conquistato a sopresa il Meisterschale, approfittando dell'harakiri di sette giorni fa dello Schalke sul campo del Borussia. Ai ragazzi di Slomka non è bastato superare 2-1 l'Arminia Bielefeld nella giornata conclusiva: lo Stoccarda ha regolato con lo stesso punteggio l'Energie Cottbus mantenendo così due punti di vantaggio in classifica.



Lo Schalke può consolarsi con l'accesso diretto ai gironi di Champions League, competizione nella quale la squadra di Gelsenkirchen sarà chiamata a fare il salto di qualità. Il potenziale, tecnico ed economico, c'è, le ambizioni pure. Per quel che riguarda lo Stoccarda, il titolo rappresenta il primo passo verso una risalita nell'élite del calcio tedesco, ma ripetersi sarà difficile, anche perché l'anno prossimo i biancorossi dovranno fare i conti con la "fame" del Bayern e voglia di rivincita di Werder e Schalke.

Tempo di festeggiamenti anche per il Levski, che si è laureato campione di Bulgaria per la 25a volta nella sua Domovchiyski
storia. La squadra di Stanimir Stoilov (al momento anche tecnico ad interim della nazionale bulgara) ha dovuto difendere il titolo dall'attacco dell'ambizioso Lokomotiv Sofia, sconfitto nello scontro diretto con un perentorio 5-3. Protagonista assoluto dell'incontro è stato il giovane attaccante Valeri Domovchiyski, classe '86, pronto a spiccare il volo verso campionato di maggior prestigio.



giovedì 17 maggio 2007

Uefa, doppietta del Siviglia

La notte di Glasgow, come da pronostico, regala al Siviglia la sua seconda coppa UEFA consecutiva. Il successo della squadra di Juande Ramos, però, è stato tutt'altro che agevole: l'Espanyol, giunto in finale grazie ai gol di Ramos
Pandiani e alle parate di Iraizoz (strepitoso contro il Benifca), ha venduto cara la pelle, nonostante abbia giocato più di metà ripresa in dieci uomini.



La partita è stata ricca di emozioni e colpi di scena, quasi a smentire l'adagio che vorrebbe le partite decisive ricche di tatticismi e barricate in nome del "primo non prenderle". Qualche sorpesa negli schiramenti iniziali, con il Siviglia che rinuncia a Jesus Navas e Kerzhakov per i più esperti Martì e Luis Fabiano. Dal canto suo Valverde opta per la coppia d'attacco più collaudata e duttile (Tamudo-Luis Garcia), lasciando in panchina il bomber di coppa Pandiani.



Contrariamente alle attese, il Siviglia non si rende protagonista della solita partenza-sprint, e anzi lascia agli avversari il compito di fare la partita. La manovra catalana, però, non è sufficientemente incisiva e, su un Adriano
rapido rilancio di Palop, Adriano può involarsi indisturbato verso la porta di Iraizoz, che nulla può sul preciso piatto destro del brasiliano.



La risposta dell'Espanyol non si fa attendere, e porta la firma del giocatore di maggior talento a disposizione di Valverde, quell'Albert Riera che tra un dribbling e un cross, riesce a inventarsi un gol di rara bellezza: un paio di finte al limite dell'area e destro potente imparabile per Palop, complice anche una deviazione di Dani Alves.



Nella ripresa tutti si aspettano un Siviglia arrembante, ipotesi suffragata dal cambio Maresca-Jesus Navas. Non è così, anche perché la nuova coppia di centrocampo andalusa (Martì-Poulsen) difetta quasi totalmente di fosforo e fantasia e l'Espanyol può approfittarne. Ci provano ripetutamente Tamudo e Riera, ma Palop è in serata di grazia (lo dimostrerà anche nella roulette dei rigori). L'espulsione di Moises per un un chiaro fallo su Kerzhakov (subentrato nel frattempo a Luis Fabiano) cambia completamente gli equilibri del match. Valverde è costretto a togliere una punta, e il sacrificato è capitan Tamudo, che esce dal campo visibilmente deluso.



Col passare dei minuti la pressione sivigliana aumenta, e trova compimento al decimo minuto del primo tempo supplementare, quando Kanouté appoggia in rete uno splendido assist di Jesus Navas, fino a quel momento abbastanza inconcludente. La partita sembra segnata, ma a cinque minuti dal termine Jonatas (entrato all'87' Palop
per un esausto De la Pena) trova il jolly da 25 metri: la folla biancoblù è in delirio e i rigori giungono come un regalo inaspettato.



La pressione a questo punto è tutta sul Siviglia, ma Palop non fa sconti: tra i catalani, solo Pandiani va a segno dal dischetto, e gli errori di Luis Garcia, Jonatas e Torrejon spediscono la coppa, ancora una volta, in riva al Guadalquivir.



giovedì 10 maggio 2007

I re di Danimarca

Superando il Brondby nel derby più sentito di Danimarca, L'FC Copenaghen si è laureato campione per il Allback
secondo anno consecutivo. Troppa la differenza tra i due club al momento, sul campo come sul mercato. Il Brøndby, squadra della periferia della capitale con grande seguito e tradizione, negli ultimi anni ha faticato enormemente a reggere il confronto con i cugini più giovani, raccogliendo la miseria di un titolo nelle ultime cinque stagioni.



Proprio il trionfo del 2005 aveva illuso i gialloblù di poter tornare ad essere la società guida del calcio danese: una squadra ricca di talento (Elmander, Kahlenberg e Agger tra gli altri) e un tecnico ambizioso (Miki Laudrup) regalarono ai Ragazzi della Periferia Ovest (Drengene fra Vestegnen) il prestigoso double campionato-coppa. L'addio di molti giocatori per campionati più prestigiosi e le dimissioni di Laudrup segnarono però il rapido declino della squadra, costretta in questa stagione ad un anonimo piazzamento di centro classifica.



Il campionato danese in generale sembra aver perso qualcosa negli ultimi anni, in termini di competitività, sia domestica che internazionale. Le squadre danesi faticano a passare i primi turni delle coppe europee (un problema comune a tutte le formazioni scandinave) e in patria la lotta per il titolo sembra sempre più un affare ristretto alle due grandi della capitale.



In realtà, in questa stagione, complice il momento-no del Brøndby, la più agguerrita concorrente dell'FCK è stata l'FC Midtjylland, altra compagine relativamente giovane, nata nel 1999 dalla fusione di Ikast Fs e Herning Fremad. Il nuovo club, rappresentante di una piccola città della penisola dello Jutland, s'è affacciato Fcmalla ribalta della Superliga con grandi ambizoni, forte di uno stadio-gioello (la SAS Arena) e di un'invidiabile
organizzazione. La squadra, priva di grandi stelle, può contare su un trio d'attacco molto prolifico (Dennis Sørensen, Christian Olsen e Frank Kristensen) e su un paio di giovani interessanti (il difensore Magnus Troest e il centrocampista nigeriano Ajilore Oluwafemi su tutti).

L'FC Copenaghen, dal canto suo, possiede una rosa di livello decisamente superiore. Il trio svedese Linderoth-Berglund-Allbäck costituisce l'asse portante della squadra, insieme alla coppia centrale  Hangeland-Gravgaard e al talento di Jesper Grønkjær e Ailton Almeida.  Non meno importanti sono il centrocampista canadese Atiba Hutchinson e i nazionali Jesper Christiansen (portiere), Lars Jacobsen (esterno difensivo), Hjalte Nørregard e Michael Silberbauer (centrocampisti). Una multinazionale che a quelle latitudini non conosce rivali.



lunedì 7 maggio 2007

Panorama (reprise)

Il weekend calcistico ha incoronato campione il Manchester United, a soli quattro giorni dal tracollo di San Siro. Ai Red Devils si aggiungono la Dinamo Bucarest, campione di Romania con quattro turni d'anticipo, e la Stella Rossa, vincitrice del titolo serbo. Resta incerta la situazione in Bundesliga (vincono le prime tre della classifica) e in Spagna. Seconda beffa, in Olanda, per l'AZ Alkmaar: dopo aver regalato in volata il titolo al PSV, la scorsa settimana, la squadra di Van Gaal deve dire addio anche la Coppa d'Olanda, ceduta ai rigori all'Ajax.



INGHILTERRA
Il pareggio dell'Emirates Stadium tra Arsenal e Chelsea consegna al Manchester United il 16° titolo della sua storia. Una bella rivincita per Sir Alex Ferguson e i suoi ragazzi, sonoramente battuti in Europa dal Milan, ma capaci di riappropriarsi del titolo d'Inghilterra a spese del multimilionario Chelsea di Abramovich. La vittoria nel Manch
derby sui concittadini del City firmata da Cristiano Ronaldo costituiva per i Red Devils una seria ipoteca sul titolo: per l'ufficialità bisognava attendere un altro derby, quello di Londra tra Arsenal e Chelsea. I Gunners non hanno fatto sconti e, complici un rigore di Gilberto e le parate di Lehmann, hanno imposto l'1-1 ai più motivati avversari (a segno nella ripresa con Essien, l'ultimo ad arrendersi).



Per il Chelsea un ritorno sulla terra dopo i trionfi degli ultimi due anni: c'è chi vede in questa stagione fin qui fallimentare (in bacheca solo una Coppa di Lega, in attesa della finale dei FA Cup) la fine dell'era-Mourinho. Il tecnico portoghese, nella conferenza stampa post-partita, s'è affrettato a smentire i cronisti circa il suo futuro lontano da Stamford Bridge, lodando lo spirito e la qualità dei suoi ragazzi. Resta da vedere quale sarà l'intenzione di Abramovich, impegnato anche a risolvere le spinose questioni legate a Crespo e Shevchenko.



OLANDA
Sette giorni fa l'Eredivisie aveva regalato emozioni a non finire, con tre squadre a contendersi il titolo in 90 minuti. A spuntarla, grazie alla differenza reti, è stato il PSV di Ronald Koeman, bravo a travolgere 5-1 il Vitesse mentre l'AZ crollava a Rotterdam contro l'Excelsior e l'Ajax non andava oltre il 2-0 contro il Willem II. Sempre a Rotterdam, questa volta al De Kuip, l'AZ ha dovuto rinunciare anche al secondo trofeo stagionale, cedendo ai rigori all'Ajax di Henk ten Cate. Dopo essere passato in vantaggio grazie ad una splendida rete del talento belga Moussa Dembelé, l'AZ ha subito il pareggio dei lancieri con Huntelaar, tornato in queste ultime settimane agli Davids
standard elevatissimi che ne avevano fatto uno dei pezzi pregiati del mercato europeo. Nella lotteria dei rigori, 16 in tutto, decisivo è stato l'errore di Ryan Donk, l'unico a  fallire dal dischetto. L'onore del penalty vincente, invece, è toccato a Edgard Davids, tornato ad alzare una coppa in maglia ajacide dodici anni dopo il trionfo di Vienna in Champions League.

GERMANIA
Non cambia nulla in vetta alla Bundesliga. Lo Schalke supera, non senza sudare, il Norimberga grazie ad un colpo di testa del solito Kuranyi su invito di Hamit Altintop. Tutto facile invece per Stoccarda e Werder contro Mainz e Hertha. I biancoverdi, in particolare, mettono in mostra un'ottima condizione e rilanciano le quotazioni del proprio bomber di scorta, quel Marcus Rosenberg giunto senza troppo clamore a gennaio dall'Ajax: il centravanti svedese, autore di una tripletta in quel di Berlino, si candida a parner ideale per l'intoccabile Klose.

SPAGNA
Dopo alcuni mesi di grande incertezza, la Liga sembra aver imboccato il binario classico della sfida Barça-Real. Il successo delle merengues sul Siviglia per 3-2 ha fatto scivolare gli andalusi a -4 dalla vetta, occupata a quota 65 dal Barcellona, passato senza problemi sul campo della derelitta Real Sociedad. Il Real Madrid, invece, si mantiene a due lunghezze di distanza dai rivali e può legittimamente sperare in un titolo che avrebbe dell'incredibile, soprattutto in considerazione del gioco tutt'altro che brillante mostrato dalla squadra di Capello in questa stagione.

ROMANIA
Dopo due titoli consecutivi della Steaua, torna a sorridere l'altra metà (o meglio l'altro terzo, tenendo conto del Rapid) di Bucarest, quella che parteggia per la Dinamo. La squadra che fu del ministero degli Interni ha sbaragliato la concorrenza, aggiudicandosi il titolo con quattro turni d'anticipo. Artefice del ritorno a grandi Niculescu
livelli dei Câinii Roşii (i Cani Rossi) è stato l'ex colonna della nazionale rumena Mircea Rednic, capace di costruire una squadra solida in difesa e spettacolare in attacco, con la coppia Niculescu-Danciulescu a far la voce grossa nelle aree avversarie. Stagione da dimenticare invece per la Steaua di Cosmin Olariu: dopo aver raggiunto la semifinale di Coppa Uefa l'anno scorso, la società più titolata di Romania ha pagato le fatiche autunnali della Champions e non è mai stata in lotta per il titolo.

SERBIA
La Stella Rossa supera 2-1 il Partizan nel derby di Belgrado e si aggiudica il suo 25° scudetto, il primo dopo la scissione dal Montenegro. A tre giornate dalla fine i biancorossi di Bosko Durovski hanno 13 punti di vantaggio sui rivali e la vittoria nella stracittadina è servita come ulteriore legittimazione di una supremazia mai in discussione in questa stagione.



giovedì 3 maggio 2007

Sull'altro lato dell'Egeo

Milan-Liverpool, come due anni fa. Il 23 maggio lo Stadio Olimpico di Atene ospiterà la riedizione dell'incredibile sfida di Istanbul, che vide i rossoneri rimonati e poi battuti ai rigori dai Reds di Dudek e Istanbul Smicer. Il polacco e il ceco in Grecia non ci saranno, ma molti dei protagonisti di quella sera sì, a cominciare dai due allenatori, Ancelotti e Benitez.



Entrambi hanno compiuto un capolavoro in semifinale. Il tecnico di Reggiolo ha completamente annichilito il Manchester, giunto all'appuntamento di San Siro a corto di grinta e idee. Le stilettate di Kakà e Seedorf hanno fatto rapidamente crollare il castello di Ferguson, costruito per altro su fondamenta tutt'altro che solide (il rientrante Vidic è stato un disastro, Rooney e Cristiano Ronaldo sono stati pressoché inesistenti). La stagione dei Red Devils resta straordinaria, ma l'eliminazione è dura da digerire: nel doppio confronto, il Milan ha fatto valere tutta la sua esperienza a livello internazionale, "rimandando" a settembre il talentuoso ma acerbo ManU.



Benitez ha invece surclassato ancora una volta Mourinho, uscito con le ossa rotte da Anfield. Cervellotica la scelta di schierare Essien difensore centrale, imperdonabile l'ostracismo verso Shevchenko: il tecnico portoghese s'è scavato la fossa da solo. L'incitamento della Kop e i voli di Reina hanno fatto il resto.



Tornando alla finale di Atene, si può vedere come due anni nel calcio possano cambiare molte cose, ma anche lasciarne intatte altrettante. Il Milan ha perso la leadership in patria in favore dei cugini dell'Inter, mentre il Liverpool ha mantenuto il ruolo di terzo (o quarto) incomodo nell'oligarchia Chelsea-Manchester. In panchina, come detto, tutto invariato, mentre in campo i reduci di Istanbul sono più numerosi dalla sponda rossonera che da quella inglese, almeno per quel che concerne le squadre-tipo attuali.



Dei 14 milanisti scesi in campo due anni fa, solo 5 non sono più tesserati per il club di via Turati (Stam, Rui Costa, Tomasson, Crespo e soprattutto Shevchenko): l'ossatura è rimasta la stessa, con differenze significative solo in attacco. A Liverpool sono ben 9 i "veterani", di cui però solo 5 ancora stabilmente titolari: Finnan, Carragher, Xabi Alonso, Gerrard e Riise. Gli altri quattro (Dudek, Hyppia, Kewell e Luis Garcia) non saranno in campo il 23, chi per scelta tecnica, chi per infortunio. Anche i Reds hanno rivoluzionato l'attacco: da Kewell (Smicer)-Luis Garcia-Baros a Kuyt-Crouch, ma nel frattempo hanno ringiovanito difesa e centrocampo, con gli innesti di Agger, Mascherano, Pennant e Sissoko.Kaka

Sulla carta il Liverpool attuale è più compatto di quello di due anni fa, ma sembra aver perso qualcosa sul piano della fantasia e dell'estro. Il Milan ha molta meno qualità in attacco, più incertezze in difesa (Stam era una sicurezza) ma ha un Kakà ormai giunto a piena maturazione. Questo fattore, unito alla grande voglia di rivincita del gruppo, potrebbe far pendere l'ago bilancia dal lato dei rossoneri. Sempre che il "mago" Benitez non tiri fuori dal cilindro un altro dei suoi trucchi.



martedì 1 maggio 2007

Il valzer triste del Salisburgo

Il weekend calcistico ha regalato a Giovanni Trapattoni l'ennesimo successo della sua straordinaria carriera: il tecnico di Cusano Milanino ha conquistato il titolo austriaco alla guida del Salisburgo, una multinazionale del pallone guidata con maestria da uno dei tecnici più vincenti del panorama internazionale.



Il trionfo dei nipotini di Mozart non è mai stato in discussione: miglior attacco e miglior difesa del torneo, il Red Bull (eh sì, in Austria capita che le società Brandcalcistiche possano prendere il nome da una bevanda energetica...) ha sbaragliato la concorrenza, forte dei 20 gol del capocannoniere Alexander Zickler, ex promessa del Bayern e del calcio tedesco proprio ai tempi dell'esperienza bavarese del Trap.



Non tutti festeggiano, però, a Salisburgo e dintorni. L'avvento nel calcio della multinazionale locale (l'ossimoro è spiegato dal fatto che la Red Bull ha sede a Fuschl am See, località alle porte di Salisburgo), avvenuto nell'aprile 2005, è stato mal digerito dai fan più accessi della squadra, quell'Austria Salisburgo capace di contendere all'Inter una Coppa UEFA nel 1994. Dopo alcuni mesi di opposizione alla nuova dirigenza, rea di aver rinnegato storia e simboli del club (lo storico viola delle maglie è stato sostituito dal biancorosso del marchio, così come biancorossi appaiono stemma e sito ufficiale), i dissidenti hanno deciso di fondare una squadra alternativa, per far sì che lo spirito della gloriosa Stadtverein (letteralmente, la "squadra dalla città") non andasse perduto. Nel febbraio 2006 i "bianco-viola" (questo il nome del gruppo di tifosi) si appropriano del marchio storico della società e (ri)fondano l'SV Austria Salzburg.



La nuova squadra inizialmente avrebbe dovuto ripartire dalla quarta serie, prendendo il posto della compagine della polizia di Salisburgo. Non se ne fa nulla, e l'Austria deve accontentarsi della 2.Klasse Nord, la settima divisione calcistica del paese. L'iniziativa ottiene l'appoggio di moltissime tifoserie Trappl_2 austriache e internazionali, come ampiamente documentato dal sito dei Violett-Weiss. Sul campo le cose non vanno male, tanto che a cinque giornate dal termine del campionato l'Austria Salisburgo è già virtualmente promossa in sesta divisione.



Ironia della sorte, il numero nove della squadra risponde al nome di Oliver Trappl, corpulento ariete 26enne con trascorsi nel "glorioso" Lamprechtshausen: giusto un paio di lettere di differenza dal tecnico dei cugini ricchi. E non è detto che in riva al Salzach il Trap più amato alla fine non sia proprio lui.